Psicologia dello sport

PSICOLOGIA DELLO SPORT

La psicologia dello sport è una disciplina che solo negli ultimi 30 anni si è ampiamente diffusa. Nel 1965 è stata fondata a Roma l’International Society of Sport Psychology e, nello stesso periodo, questa nuova disciplina si sviluppa in modo particolare in Europa e in Nordamerica. La psicologia dello sport nasce, fin dall’inizio, con l’obiettivo chiaro di supportare il singolo atleta (qualunque sia il suo livello sportivo) e le società sportive (manager, allenatori, tecnici….) per permettere l’individuazione e lo sviluppo delle potenzialità necessarie per vivere al meglio lo sport (qualunque esso sia) e per migliorare le prestazioni sportive.

“Purtroppo, solo in pochi sanno che la mente umana ha il potere di anticipare qualsiasi cosa, e nello sport, come nella vita, chi gioca d’anticipo vince.” (Livio Sgarbi)

La Psicologia dello Sport infatti prevede attività di studio e di applicazione su ampie aree di indagine come ad esempio:

i processi cognitivi coinvolti nel controllo motorio e nella prestazione sportiva (elaborazione dell’informazione, apprendimento, attenzione, motivazione, dialogo interno, ecc.); le abilità psicologiche implicate negli sport: immaginazione mentale, goal setting, autoefficacia, motivazione, processi di autoregolazione, attenzione, abilità relazionali, ecc,; il ruolo dell’allenatore e dello staff tecnico in genere; lo sport nell’età evolutiva; il benessere e la salute; le dinamiche di gruppo.

Da questa premessa, dunque, si evince che la psicologia dello sport mira a sviluppare competenze psicologiche (cognitive, emotive, comportamentali) ritenute oggi, nel mondo dello sport, fondamentali, così come fondamentali sono considerate le competenze fisiche e tecniche. Come dice L.Sgarbi: “Una volta era esclusivamente il talento a farla da padrone”. Oggi, grazie a continui studi e ricerche nazionali ed internazionali, la psicologia è considerata il vero artefice dei risultati migliori raggiunti. La motivazione, l’atteggiamento mentale, il dialogo interno, le convinzioni circa le proprie possibilità, la sicurezza in se stessi, la concentrazione, la capacità di reggere i fallimenti, ecc . sono solo alcuni esempi di strumenti in grado di sostenerci (nella vita e nello sport) che necessitano di un allenamento specifico.

Si tratta, dunque, di formulare un programma articolato di ALLENAMENTO PSICOLOGICO da affiancare al tradizionale allenamento fisico e tecnico. Infatti, così come esistono piani di allenamento specifici che permettono lo sviluppo ad esempio della forza e della velocità, è possibile imparare ad essere calmi e concentrati, a utilizzare un dialogo interno funzionale, a visualizzare il gesto sportivo prima di agirlo, ad attivare un adeguato livello di arousal, ecc. ecc., con il fine di potenziare la prestazione sportiva.

La psicologia dello sport non deve (o meglio non vuole) essere assolutamente considerata come una forma di terapia.

Spesso viene travisata la sua accezione. Non a caso infatti a volte si sente dire da atleti e allenatori frasi del tipo: “noi non abbiamo problemi”. Gli psicologi dello sport desiderano fortemente sfatare questo comune pensare sottolineando che, la psicologia sportiva così come, ad esempio, la psicologia del lavoro (applicata alle organizzazioni di lavoro), vuole essere un supporto all’individuo finalizzato al POTENZIAMENTO delle sue risorse. Potenziamento che si traduce nello sviluppo e nella crescita personale dell’atleta e nel miglioramento della prestazione sportiva (e non solo).

La psicologia dello sport si pone attualmente, chiari e precisi OBIETTIVI DI LAVORO, primo fra cui:

1. la preparazione mentale dell’atleta:

per preparazione mentale si intende il potenziamento di alcune aree ritenute fondamentali per il miglioramento della prestazione come il goal setting (obiettivi) e motivazione, la gestione dell’attenzione (come eliminare i fattori di distrazione, incrementare la tenuta attentiva, migliorare la selettività delle informazioni, …..), la gestione dello stress pre-gara e in gara, la gestione dell’ansia pre-gara e in gara, la gestione del fallimento e dell’errore, il recupero energetico psico-fisico, le tecniche di rilassamento (training autogeno, rilassamento muscolare progressivo, esercizi di respirazione, biofeedback) e di visualizzazione, l’allenamento ideomotorio, l’ottimizzazione del livello di attivazione, la gestione funzionale del self talk (dialogo interno) e autoconsapevolezza, l’incremento dell’autoefficacia.

La psicologia sportiva mira anche al raggiungimento di altri importanti obiettivi, quali:

2. la formazione per gli allenatori/tecnici e le famiglie degli atleti:

spiegare che cos’è e in che modo può essere utile la psicologia nello sport, le dinamiche comunicative e relazionali, conoscere il binomio corpo e psiche, la componente educativa dello sport nel settore giovanile, il connubio salute e sport, ecc., sono solo alcuni dei temi che possono essere argomenti di incontri formativi/informativi;

3. lo sviluppo di adeguate e funzionali modalità comunicative fra atleti e staff tecnico:

gli stili comunicativi, i rinforzi, l’ascolto, l’empatia, l’accoglienza, i presupposti per un’adeguata relazione, ecc.;

4. la gestione funzionale dell’infortunio dell’atleta. Il dolore e la paura possono a volte rendere difficile la ripresa dell’attività sportiva:

sminuire questo aspetto della vita sportiva di un atleta può tradursi in un errore eclatante. E’ infatti un aspetto che può diventare determinante per la carriera sportiva di un atleta. Accompagnare lo sportivo in questo momento di disagio, diventa dunque, a volte, di fondamentale necessità;

5. l’ottimizzazione delle dinamiche relazionali e di gruppo;

6. il promuovere una cultura di benessere psico-fisico attraverso la pratica dell’attività sportiva come sana abitudine di vita (dal bambino all’anziano):

la medicina, la fisiologia, la psicologia, la sociologia, la pedagogia e le scienze motorie si muovono oggigiorno in sinergia con l’obiettivo di diffondere messaggi relativi al potere preventivo che l’attività sportiva possiede. Fare sport fa bene al corpo e alla psiche;

7. il favorire il connubio sport-disabilità.

Questi obiettivi possono essere raggiunti attraverso l’utilizzo di una metodologia basata su attività di assessment iniziale con test specifici e questionari, osservazione in campo, confronti con i tecnici, lavoro individuale con l’atleta e con l’allenatore, lavoro di gruppo con la squadra (in campo e/o fuori campo) e/o con l’équipe dei tecnici, incontri formativi/informativi con i genitori (in caso di atleti minorenni) e con lo staff tecnico.

E come dice Rafael Nadal: “Se oggi le cose non vanno bene? Andranno meglio domani. E se non vanno bene nemmeno domani, succederà il giorno dopo, o il mese dopo. L’importante è AVERE SEMPRE FIDUCIA. Questa è l’attitudine vincente: essere focalizzati e avere la giusta ambizione.”

Per informazioni e appuntamenti: Dr.ssa Cathia Aldeghi – Psicologa – cell 349 3572072 – e-mail: aldeghicathia@tiscali.it